Come visto nei paragrafi precedenti, la Digital Economy, sta progressivamente
offrendo nuovi orizzonti alla comunicazione ed alla collaborazione
interaziendale in ottica di partnership, ai rapporti commerciali della sub-fornitura
tra imprese fornitrici ed imprese clienti ed alle attività svolte dai
nuovi intermediari dell’informazione. La quasi totalità delle piccole e medie
imprese industriali e, a maggior ragione, quelle radicate all’interno dei distretti
industriali, dimostrano però uno scarso entusiasmo verso le nuove soluzioni di
business permesse dalla rete. Partendo dalla considerazione che la piccola e
media impresa italiana ha basato il suo successo sulla comunicazione e
capacità relazionali all’interno di filiere e sistemi produttivi locali, osserviamo
come a tutt’oggi, siano effettivamente scarsi gli investimenti in Information &
Communication Tecnology.
I fitti rapporti commerciali presenti all’interno dei
distretti infatti, si fondano essenzialmente su strumenti di tipo tradizionale
(telefono, fax, riunioni di lavoro) e poco invece sull’utilizzo delle nuove
tecnologie. Il processo di adozione dell’e-business aziendale, ha preso
generalmente avvio con una fase iniziale di orientamento generale verso le
nuove tecnologie, al fine di sfruttarne le potenzialità, unicamente quale nuovo
mezzo di comunicazione pubblicitaria tramite posta elettronica o sito Web
adibito però, alla sola presentazione istituzionale dell’azienda ed alla
descrizione dei prodotti e servizi da questa offerti.
In un secondo momento, le imprese hanno iniziato a sfruttare le potenzialità
della rete, tramite l’attivazione di procedure di ricerca ed acquisto di materie da
utilizzare nei propri processi produttivi, ovvero nella realizzazione di
transazioni commerciali online, per la vendita dei beni e servizi. Le imprese,
soprattutto quelle di grandi dimensioni, forti delle disponibilità economiche,
hanno quindi cercato di implementare le prime forme di e-commerce,
sfruttando le informazioni acquisite sulla proprie imprese clienti per le strategie
di marketing diretto.
La terza ed "ultima" fase, prevede invece un’attivazione fattiva e progressiva,
delle piccole e medie imprese nell’integrazione del proprio sistema informativo
in una prospettiva di e-business vero e proprio dove, la varie attività della
catena del valore, vengono integrate e condivise in rete con i propri partner
commerciali, in un ambiente unico e sicuro, dove poter gestire online tutti i
processi aziendali. L’evoluzione di detta fase prevede uno sviluppo
dell’innovazione tecnologica e strategica dell’azienda nell’ambito di tutte le
attività aziendali visto, che le stesse imprese, cominciano pian piano a
comprendere come la virtualizzazione della propria catena del valore, in ottica
di impresa estesa ed integrata con i vari partner, permette un’innovazione di
processo e di prodotto, quindi un nuovo percorso strategico da portare avanti
nel medio-lungo termine per l’ottenimento di indiscutibili vantaggi economici
e competitivi, anche in ambito internazionale.
Tale terzo passaggio quindi,
permette all’imprese, di apprendere ed utilizzare le effettive necessità e profili
comportamentali dei propri clienti, così da arrivare sia ad una produzione
mirata e sicuramente più efficace, potendo sfruttare al massimo le logiche del
build-to-order (la personalizzazione dell’offerta), sia ad una produzione più
efficiente visto che, con lo sfruttamento dei nuovi canali di
approvvigionamento (marketplace o comunità commerciali), possono stringere
nuovi rapporti di collaborazione, ottenendo riduzioni nei costi relativi alle
forniture, riduzioni dei tempi di evasione degli ordini ed una riduzione dei costi
associati a tutte quelle attività che, non essendo core, possono essere affidate in
outsourcing.
I fattori distintivi e costitutivi di un marketplace verticale o comunità virtuale,
possono essere individuati nelle "3 C¹" , ossia i servizi che devono essere
erogati a favore dei partecipanti, atti a soddisfare ogni esigenza aziendale:
Una prima dimensione che permette di esplorare il fenomeno della comunità
virtuale, è rappresentata dal servizio di gestione delle transazioni commerciali
delle imprese ad essa associate, tramite diverse possibilità di organizzazione
degli scambi, a seconda della natura del bene oggetto dello scambio (beni
strategici, beni produttivi non strategici ma destinati pur sempre ad entrare nel
ciclo produttivo, ovvero beni operativi da utilizzare solamente come input
produttivi indiretti, i cosiddetti MRO) e della tipologia d’acquisto (che
potrebbe essere occasionale o continuativa nel tempo). Questi scambi, possono
avvenire con il metodo dell’asta, dove il compito principale dell’intermediario
risiede nell’assicurare l’esistenza delle parti, la qualità della merce ed il
regolare svolgimento dell’asta stessa.
Il modello di contrattazione tramite l’asta² , viene privilegiato soprattutto negli
acquisti speculativi di materie prime (ad esempio l’acciaio) e per i beni
cosiddetti commodity, tramite piattaforme che permettono la formazione
dinamica del prezzo, online ed in tempo reale;
con il metodo dello scambio, o baratto digitale, le parti hanno la possibilità di
visualizzare e confrontare le varie offerte di acquisto e/o vendita, così da
scegliere, o meno, la conclusione dell’affare, sulla base dei prezzi formatisi o
delle quantità disponibili;
tramite i cataloghi che, differentemente dalle modalità precedenti di tipo
dinamico, raccolgono le offerte dei vari fornitori redatte mantenendo i prezzi
fissi per un determinato periodo di tempo. La comunità, aggregando le diverse
offerte e suddividendole per prodotti, riesce ad assicurare alle imprese una
facilità di ricerca, selezione ed acquisto dei prodotti di cui abbisognano. Questa
tipologia di gestione della transazione commerciale, si addice soprattutto per
gli acquisti compiuti in modo continuato nel tempo, anche se ciò non esclude la
possibilità per l’infomediario, di privilegiare, anche in questo caso, sistemi di
dynamic pricing.
Affinché l’infomediario riesca a garantirsi una massa critica di partecipanti agli
scambi, deve offrire tutta una serie di servizi a valore aggiunto, come gestire
completamente il sistema degli ordini, provvedere ad una integrazione dei
sistemi gestionali delle imprese partecipanti, garantire alle controparti la
sicurezza degli scambi, gestire ed assicurare i flussi logistici, effettuare una
certificazione delle merci, assicurare servizi finanziari,
ecc³ .
A tal riguardo, è
importante sottolineare come l’intermediario possa anche concludere
partnership con imprese terze, che offrano tali servizi non strettamente
connessi con lo specifico settore in cui opera, attivando così dei processi di
outsourcing con altri operatori orizzontali.
Un ulteriore aspetto da non sottovalutare per le imprese buyers, è quello
relativo alle possibilità di ottenere delle economie negli approvvigionamenti, in
virtù degli acquisti compiuti tramite specifici consorzi digitali d’acquisto.
Questo si potrebbe verificare ad esempio negli acquisti di energia elettrica.
Con l’emanazione del decreto Bersani infatti, il Governo italiano ha dato avvio
alla liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica, stabilendo inoltre
determinate soglie minime di consumo energetico che permetterebbero
l’ottenimento di risparmi di costo nell’approvvigionamento.
Ebbene, non potendo le piccole e medie imprese raggiungere tali soglie minime
di consumo, una strategia che le stesse potrebbero studiare, oltre quella della
costituzione di consorzi "reali", peraltro già prevista nello stesso decreto, è
quella della costituzione di consorzi digitali tramite i quali raggiungere una
maggior massa critica di imprese a tal fine interessate, così da ottenere risparmi
per tali acquisti.
Molte imprese infatti, non appartenendo a tali consorzi, sono di fatto escluse
dalla soglia minima e pertanto, trovare online nuovi partner, sfruttando la
possibilità di un acquisto congiunto, rappresenta un’opportunità da non
sottovalutare.
Il secondo elemento di differenziazione delle comunità virtuali commerciali
rispetto alle altre tipologie di intermediari, è rappresentato dal contenuto dei
servizi informativi specifici che vengono offerti alle imprese. Affinché il
network digitale di imprese creato costituisca una vera e propria comunità,
occorre che l’intermediario attivi luoghi di incontro, dialogo, dibattito ed
approfondimento, così da offrire alle imprese un ambito di cooperazione ove
studiare progetti, iniziative e strategie comuni. La predisposizione di tali
contenuti, evidenzia il ruolo della comunità da intendere non solo quale broker
informativo, ma anche come governo del processo di raccolta, selezione e
diffusione di informazioni e dati ad altissimo valore aggiunto, utili per i
membri e di stimolo per i nuovi partecipanti.
L’offerta di tale servizio, è infatti fondamentale per creare massa critica di
imprese clienti (si spera inoltre che le stesse imprese, si trasformino da
semplice utenza occasionale in impresa effettivamente partecipante).
L’impresa quindi, ottiene notevoli vantaggi, riuscendo di fatto ad acquisire
molte informazioni relative sia all’ambiente specifico in cui opera, che in
relazione ai prodotti atti a soddisfare le proprie esigenze e questo, ancor più,
quando le suddette informazioni sono state preventivamente selezionate,
catalogate e certificate da un operatore qualificato.
La comunità, attiva inoltre delle news di settore riferite non solo ai prodotti, ma
anche, ad esempio, alle informazioni e comunicati stampa emessi dalle aziende
stesse, così da permettere a tutte le altre imprese, interessate a forme di
partnership, di essere continuamente aggiornate sull’evoluzione delle attività
che possono offrire nuovi vantaggi al proprio business.
Nello spazio riservato alle news, vengono inoltre somministrate alle imprese,
informazioni relative ad esempio alle possibilità di ottenere finanziamenti
agevolati per progetti specifici, le principali normative fiscali e legali dei
diversi Paesi in cui possono andare ad operare e servizi di traduzioni online.
Sono inoltre previsti, abbonamenti a riviste di settore specializzate,
informazioni sulla possibilità di partecipare e/o prenotare un proprio spazio
pubblicitario nelle fiere che periodicamente vengono organizzate e la
disponibilità online, tramite videoconferenza, di convegni e seminari, così da
permettere ai manager di imprese distanti geograficamente, di poter seguire
virtualmente i lavori stessi.
Tale servizio, offre quindi una sorta di formazione professionale atta ad
accrescere gli skill aziendali e garantire, in definitiva, una migliore e più
completa comprensione della nuova visione strategica della mission aziendale.
Questo servizio, viene ad esempio assicurato da Steelscren.com, un
marketplace verticale che opera nel settore dell’acciaio, il quale fornisce in
tempo reale tutta una serie di informazioni circa l’andamento dei prezzi di tali
prodotti, una scheda con le loro caratteristiche tecniche ed anche l’andamento
del loro mercato.
L’impresa, trova nell’infomediario un partner di fiducia, un punto di
riferimento del quale non saprà più fare a meno, visti i notevoli vantaggi di
tempo e costo risparmiati nella ricerca e valutazione dei fornitori, partner e
merci e/o servizi di cui abbisogna.
L’infomediario però, per assicurare un elevato livello del proprio servizio di
content, deve costantemente aggiornare le informazioni presenti nel sito,
valorizzando quanto più possibile, in termini costruttivi, gli scambi di vedute
che potrebbero nascere tra i vari partecipanti negli spazi appositamente creati.
Perché una comunità sia effettivamente tale, occorre, in definitiva, un
coinvolgimento pieno degli utenti che presentino esigenze specifiche e
complementari, alimentate non solo nei forum e negli spazi di discussione di
tipo virtuale, ma anche in occasione di seminari e fiere dove le imprese
possano ritrovarsi per discutere face to face dei risultati ottenuti dal partecipare
alla comunità stessa, creando quell’effetto network, utile a coinvolgere nuove
imprese nel progetto di collaborazione online.
Il terzo fattore critico per il successo della comunità ed il vantaggio dei
partecipanti, è la capacità dell’infomediario di creare intorno alla propria
iniziativa di intermediazione, una pluralità di attori che sia la più ampia
possibile.
Il raggiungimento di tale massa critica di imprese clienti, avviene tramite
diversi step, dove un primo livello è costituito dall’acquisizione del maggior
numero possibile di imprese partecipanti, il successivo è la trasformazione
delle stesse in attori disposti ad una piena condivisione di informazioni ad alto
valore aggiunto, fino alla creazione di un circolo virtuoso, dove altre imprese
possano essere attratte dalla presenza di un numero consistente di fornitori o
imprese acquirenti qualificate, che sappiano offrire vantaggi competitivi da tale
scambio di conoscenza.
I partecipanti al forum infatti, hanno la possibilità, ad esempio, di ottenere
informazioni sulle esperienze vissute dalle altre imprese nell’utilizzo di
determinati prodotti, ovvero nella conclusione di accordi di collaborazione,
così da poter essere guidate e consigliate nella scelta di partner o di prodotti
specifici.
I commenti rilasciati dalle imprese utilizzatrici negli spazi di discussione,
costituiscono una fonte economica molto importante per le aziende fornitrici in
quanto, in virtù degli stessi (il cosiddetto feed back), possono in real time
approntare dei correttivi alla propria produzione e quindi, considerare tale
spazio, quasi come un’area test da cui ottenere linee giuda essenziali per lo
sviluppo delle future produzioni.
Il servizio di community, rappresenta quindi il vero e proprio spazio virtuale
dedicato al confronto ed alla discussione collettiva tra imprese partecipanti.
Tramite la comunità, le imprese di più piccole dimensioni, possono così
ottenere un proprio spazio di visibilità, il cosiddetto account, tramite la
creazione di una propria pagina web all’interno della comunità stessa.
L’impresa cliente, ottiene dall’intermediario, indicazioni utili per la descrizione
dell’attività svolta, per i contenuti di comunicazione e di reverse marketing,
così da creare politiche di marketing basate su considerazioni e giudizi espressi
dalle altre imprese-clienti della comunità.
In tal modo, si concretizzano messaggi veri e propri di marketing diretto,
aspetto critico questo per tutte quelle piccole imprese che, come visto nei
precedenti paragrafi, non disponendo di budget idonei, non potrebbero
perseguire operazioni pubblicitarie utili ad incrementare la propria visibilità.
Tramite i database dell’intermediario infatti, le aziende operanti in un settore
economico specifico, possono facilmente entrare in contatto fra loro, sino ad
attivare transazioni in un ambiente del tutto sicuro, sia sotto un punto di vista
legato alla sicurezza delle transazioni, sia sotto un punto di vista legato alla
serietà e professionalità degli operatori, in virtù di quell’attività di reporting
attivata dalla comunità.
Con gli spazi dedicati alla discussione quindi, le imprese possono consolidare
la conoscenza reciproca, incrementare lo scambio di detta conoscenza e
sviluppare le premesse per una loro fattiva collaborazione. Un’impresa,
potrebbe ad esempio lanciare in rete un’ipotesi di progetto di un nuovo
prodotto o processo e trovare poi altre imprese che, interessate all’iniziativa,
aderiscano allo stesso.
L’attività di profiling, è quindi finalizzata alla creazione di un database utile
per la comprensione dei comportamenti d’acquisto e di consumo delle diverse
imprese, così da permettere ad ognuna di esse, di raccogliere informazioni sui
possibili bisogni che possono andare a soddisfare, ricreando le condizioni
ottimali per favorire relazioni e collaborazioni online più idonee (si accresce
così il livello di customer satisfaction).
Questa, è in definitiva, la replica online del contesto di funzionamento di un
distretto produttivo, dove però l’elemento di aggregazione, non è più
determinato esclusivamente da un territorio o da una cultura comune, ma dal
fatto di appartenere al medesimo ambiente sociale ed economico e dove le
stesse imprese presentano esigenze ed aspettative comuni, a prescindere quindi
dal contesto fisico e dai linguaggi di riferimento.
In tal modo, anche le tanto blasonate economie di aggregazione, tra le
principali fonti di vantaggi competitivi del distretto, determinate dalla
concentrazione delle imprese in un luogo fisico limitato, possono così essere
ugualmente ottenute dalle aziende partecipanti alla comunità la quale, si
adopererà anche per la formazione di un mercato del lavoro specifico per il
settore di riferimento, realizzando col tempo anche delle infrastrutture digitali
dedicate. All’interno di dette comunità, si vengono infatti a creare le premesse
per la costruzione di spazi appositamente dedicati alla formazione
professionale del personale aziendale.
Nelle imprese tradizionali, solitamente, la formazione e riqualificazione del
personale, viene effettuata all’esterno del luogo di lavoro e non sul "campo". In
questo contesto però, la formazione professionale, non sempre risulta efficace
in quanto viene ad essere separato il momento cognitivo da quello operativo e
dove, il passaggio dalla formazione teorica alla sua applicazione pratica, non
sempre garantisce i risultati sperati. Nell’economia attuale, le piccole e medie
imprese, per risultare competitive, come abbiamo già avuto modo di rilevare,
sono necessariamente portate a perseguire una continua riduzione del proprio
time to market e, quindi, investire ingenti risorse in processi di continua
innovazione.
Ebbene, tramite le comunità verticali, le imprese possono
garantire a tutto il personale aziendale una partecipazione attiva a questi
processi di apprendimento dove, le nuove competenze potranno da subito
essere applicate al contesto reale, essendo qui il processo cognitivo collegato
direttamente a quello operativo, senza soluzione di discontinuità fra mondo del
lavoro e quello di formazione. Si crea quindi una vera e propria
sovrapposizione di attività formativa ed operativa, dove i lavoratori divengono,
essi stessi, soggetti pro-attivi del proprio apprendimento. Questo, non farà altro
che incrementare le possibilità di partenariato fra diverse entità economiche
sulla base di una nuova e migliore condivisione di cultura e linguaggi condivisi
in tali spazi di cooperazione economica digitale innovativa.
Una strategia a tal fine molto importante, che le comunità verticali possono e
devono perseguire, è rappresentata dalla conclusione di partenariati con
fornitori di innovazioni, come Enti di ricerca di settore ed Università, con cui
sviluppare nuovi processi di Ricerca e Sviluppo, assicurando così informazioni
alle imprese partecipanti, che non avrebbero avuto modo di ottenere se le
ricerche fossero state condotte autonomamente, se non a costi proibitivi.
Secondo la National Science Foundation, l’attività di ricerca e sviluppo, può
infatti essere classificata in:
- ricerca pura, la quale si sostanzia in tutta una serie di studi, affrontati
dall’azienda per incrementare il proprio livello di conoscenza, ovvero
giungere a nuove conoscenze scientifiche non ancora in possesso della
stessa e che, risultando tale ricerca molto costosa, apparterrà
esclusivamente alle grandi imprese che dispongono di elevati budget
finanziari da investire appositamente in tale attività;
- ricerca applicata, tramite la quale si da attuazione commerciale ai
risultati ottenuti dall’attività di ricerca pura e quindi, per i suddetti
motivi, ottenibile ancora una volta solo dalle grandi aziende;
- ricerca e sviluppo, dove l’attività è tesa allo studio di possibili migliorie
da apportare alla produzione aziendale, al fine di ottenere una nuova
configurazione di prodotto che possa permettere all’azienda di
espandere il proprio target di riferimento.
Il problema fondamentale che quindi grava sulle imprese circa i propri
investimenti in Ricerca e Sviluppo, è determinato dalla limitata disponibilità di
risorse economiche da investite in tale attività, tenuto conto dei rischi che le
stesse corrono, nel momento in cui dall’attività di ricerca, non si ottengono
risultati applicabili commercialmente. Il più delle imprese infatti, tende a
stanziare per la ricerca e sviluppo, risorse economiche calcolate in misura
percentuale sul fatturato annuo, così da raggiungere al massimo, una replica dei
risultati ottenuti dai precedenti sforzi, senza quindi riuscire ad ottenere un
nuovo vantaggio competitivo.
Ebbene, grazie al partenariato digitale, le aziende potranno replicare online il
concetto di spin off al quale affidare congiuntamente molte più risorse da
destinare a tale attività di marketing e godere poi, di tutti i vantaggi derivanti
dallo sfruttamento immediato delle nuove conoscenze, in virtù delle loro
caratteristiche di versatilità.
Da un recente lavoro di analisi dei distretti industriali italiani, condotto nel
marzo 2001 dalla FEDERCOMIN, RUR e CENSIS4 , emerge però che a
livello italiano, anche laddove siano forti i legami commerciali tra imprese,
essendo gli stessi basati su un sistema di accordi strutturati in modo tale da
portare le stesse aziende a sviluppare strategie unitarie, non risultano in crescita
le loro relazioni sviluppate su base tecnologica.
L’impedimento principale che limita di fatto le relazioni basate sull’uso della
nuova tecnologia e che quindi ostacola la digitalizzazione dei meccanismi di
funzionamento e collaborazione dei distretti industriali, è data dalla vischiosità
tipica della mentalità imprenditoriale italiana, ossia la difficoltà di condividere
le proprie informazioni con la concorrenza. Questo perché la condivisione delle
informazioni, tramite i nuovi intermediari, potrebbe, di fatto, stravolgere il
normale rapporto competitivo che si è creato nel distretto, così da sottrarre
vantaggi competitivi a quelle aziende che in tale situazione non potrebbero più
mantenere elevata la propria autonomia gestionale in quanto indotta dal nuovo
intermediario o, peggio, da nuovi forti concorrenti che entrando a far parte del
distretto digitale, imponendo cambiamenti organizzativi.
A tal riguardo però le imprese, potrebbero iniziare il proprio cammino verso le
nuove tecnologie, creando ad esempio delle unità aziendali specializzate su
singole fasi di lavorazione e collaborazione online, così da valutarne i risultati
ottenuti e la fattibilità economica ed organizzativa e, in presenza di risultati
positivi, sviluppare progressivamente online anche tutte le altre attività di core
business.
Tali difficoltà quindi, fanno si che i sistemi imprenditoriali italiani, stentino ad
implementare progetti per una collaborazione produttiva comune, fondata
sull’uso della rete e delle tecnologie in grado di coinvolgere una massa critica
di imprese locali.
I nuovi intermediari hanno quindi la possibilità di assumere un ruolo
importantissimo, ossia proporsi come artefici dei modelli di sviluppo di mercati
o distretti digitali, tramite la realizzazione di piattaforme tecnologiche che
siano in grado di attrarre tutte le aziende facenti parte del distretto, in un nuovo
polo di aggregazione virtuale. Occorre però fare molta attenzione a quello che
è accaduto in Italia con le prime iniziative di marketplace in quanto, molti
progetti di adesione aziendale ai Marketplace, si basano solo su accordi che
intercorrono tra questi operatori e le associazioni di categoria dove, molto
spesso, le aziende o sono del tutto ignare dell’esistenza dell’accordo, o dove
all’adesione non corrisponde poi un’effettiva e stabile partecipazione
dell’azienda stessa (fatto questo documentato in prima persona, a seguito di
colloqui con alcune aziende della provincia di Latina le quali, pur essendo
presenti nell’elenco delle imprese partecipanti ad un marketplace, non erano
poi a conoscenza dell’esistenza di una simile organizzazione digitale).
La possibilità di scambiare informazioni a basso costo e di gestire in modo
integrato i dati aziendali tramite questi nuovi intermediari, basati quindi non
solo sullo "scambio" di informazioni ma soprattutto sulla comunicazione della
conoscenza, ha permesso alle imprese che hanno saputo sfruttare la
reintermediazione, entrando così in un nodo di imprese specializzate in
funzioni particolari, di focalizzarsi ognuna sulla propria core competence,
esternalizzando quelle attività non strategiche che di fatto possono essere
meglio soddisfatte dalle altre aziende facenti parte del network le quali
andranno ad offrire la loro attività a costi effettivamente convenienti.
La difficoltà di realizzare compiuti modelli relazionali fondati sullo scambio e
condivisione di dati ed informazioni tramite le nuove tecnologie, non ha però
impedito la nascita delle prime iniziative di siti interaziendali destinati ad
esempio alla realizzazione di un lavoro comune ovvero di promozione dell’area
di un distretto in un’ottica di apertura del network verso l’esterno, così da
ridefinire i processi di scambio ed i rapporti commerciali con nuove imprese
fornitrici ed acquirenti, appartenenti ad esempio, alla medesima filiera
produttiva.
Un servizio fondamentale che i distretti digitali devono assicurare alle proprie
imprese, è l’outsourcing per le attività aziendali non core. Con lo sviluppo dei
distretti digitali infatti, le imprese che collaborano tra loro, possono essere
localizzate anche a distanze geografiche rilevanti ed inoltre, con lo sviluppo
dell’internazionalizzazione permessa appunto dalla comunità, si pongono
problemi legati soprattutto alla logistica. Questo è sicuramente il caso dove il
ricorso a forme evolute di outsourcing, incrementa ulteriormente il grado di
collaborazione interaziendale.
La logistica tradizionale, si è sempre preoccupata di gestire il flusso delle merci
e la loro distribuzione fisica tramite diversi mezzi di trasporto, con un servizio
spesso assegnato a specifici operatori, per un periodo contrattualmente definito.
Tali operatori quindi, hanno avuto delega a gestire operativamente, una o più
attività logistiche di tutte quelle imprese prive di una propria rete distributiva,
come il trasporto vero e proprio delle merci, lo stoccaggio delle stesse
all’interno dei magazzini, i controlli qualitativi, le operazioni amministrative
necessarie alla documentazione della loro movimentazione, ecc.
Aspetto poi da sottolineare, risiede nel fatto che tale attività è stata da sempre
considerata come un qualcosa di separato dalle altre funzioni aziendali svolte
all’interno dell’impresa. Ebbene, con la nascita delle comunità, vengono offerti
i servizi logistici con modalità più evolute di outsourcing, considerando anche
la logistica quale parte integrante e soprattutto ottimizzante dell’intera supply
chain di ogni azienda, così da innalzare il livello di integrazione tra i diversi
partner commerciali.
Tramite il flusso informativo che precede ed accompagna quello della
movimentazione delle merci, a partire dall’ordine del prodotto sino al
pagamento e, quindi, dal punto di origine a quello di destinazione, le comunità
possono organizzare la gestione di tutto il processo logistico, studiando nuove
soluzioni atte ad offrire servizi ad alto valore aggiunto e quindi offrire alle
aziende partecipanti, nuovi vantaggi competitivi.
Il ruolo della comunità, è quello di sviluppare al massimo, il coinvolgimento
tra impresa logistica ed impresa committente, studiando quelle che risultino
essere le soluzioni migliori in linea con le esigenze e caratteristiche specifiche
di ogni azienda partecipante.
Il passaggio da outsourcing logistico tradizionale a quelle evoluto, permesso
dall’intermediario, si sostanzia nell’ottimizzazione del processo logistico
nell’ambito di ogni specifica supply chain aziendale e quindi nell’offrire un
servizio che permetta all’azienda fornitrice di logistica, di andare oltre la
semplice evasione della consegna della merce. Con tale servizio, la comunità
virtuale, permette anche alle imprese di più piccole dimensioni, di soddisfare al
meglio le esigenze e le aspettative della propria clientela. Permette inoltre una
sostanziale riduzione dei costi associati alla presenza di uno o più magazzini, i
costi amministrativi per l’esistenza di un sistema informativo degli ordini, i
costi di ricerca delle migliori soluzioni di spedizione (tipo imballaggi da
utilizzare o le norme da rispettare per spedizioni effettuate in Paesi che hanno
normative diverse da quella italiana) e quindi tutti quei costi connessi
all’esistenza di personale addetto a presiedere le funzioni coinvolte nel
processo di movimentazione delle merci sia nell’approvvigionamento che nel
processo di vendita e distribuzione dei prodotti.
Si assiste così, ad una crescente "verticalizzazione" delle prime iniziative di
intermediazione nate come orizzontali e, dove le relative motivazioni, vanno
ricercate nelle funzioni che la comunità deve andare ad offrire.
I nuovi operatori di BTB infatti, cercano di offrire una funzione di tipo infra-strutturale,
mettendo a disposizione dei propri partecipanti, strumenti e
procedure specificamente progettati in maniera specifica per il loro settore o
mercato di appartenenza, permettendo loro di operare online, tramite una
creazione e condivisione di nuova conoscenza che risulterebbe conseguibile
solo tramite una profonda e perfetta esperienza sul "campo".
L’elemento che quindi contraddistingue le comunità virtuali dalle altre
tipologie di cybermediari è data proprio dalla creazione di spazi virtuali ove le
imprese possono tra loro interagire e questo, sia per poter realizzare scambi
commerciali efficienti o per attivare nuove relazioni di partnership, sia per
poter scambiare e condividere nuove conoscenze dando così la possibilità a
tutti i partecipanti, di avere accesso ad informazioni e competenze specifiche
segmentate, ossia già selezionate per il settore economico di appartenenza.