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CAPITOLO 2

IL BTB E LA DISINTERMEDIAZIONE NELL’E-BUSINESS

2.5. Il processo di digitalizzazione dei distretti italiani

Come visto nei paragrafi precedenti, la Digital Economy, sta progressivamente offrendo nuovi orizzonti alla comunicazione ed alla collaborazione interaziendale in ottica di partnership, ai rapporti commerciali della sub-fornitura tra imprese fornitrici ed imprese clienti ed alle attività svolte dai nuovi intermediari dell’informazione. La quasi totalità delle piccole e medie imprese industriali e, a maggior ragione, quelle radicate all’interno dei distretti industriali, dimostrano però uno scarso entusiasmo verso le nuove soluzioni di business permesse dalla rete. Partendo dalla considerazione che la piccola e media impresa italiana ha basato il suo successo sulla comunicazione e capacità relazionali all’interno di filiere e sistemi produttivi locali, osserviamo come a tutt’oggi, siano effettivamente scarsi gli investimenti in Information & Communication Tecnology.
I fitti rapporti commerciali presenti all’interno dei distretti infatti, si fondano essenzialmente su strumenti di tipo tradizionale (telefono, fax, riunioni di lavoro) e poco invece sull’utilizzo delle nuove tecnologie. Il processo di adozione dell’e-business aziendale, ha preso generalmente avvio con una fase iniziale di orientamento generale verso le nuove tecnologie, al fine di sfruttarne le potenzialità, unicamente quale nuovo mezzo di comunicazione pubblicitaria tramite posta elettronica o sito Web adibito però, alla sola presentazione istituzionale dell’azienda ed alla descrizione dei prodotti e servizi da questa offerti.
In un secondo momento, le imprese hanno iniziato a sfruttare le potenzialità della rete, tramite l’attivazione di procedure di ricerca ed acquisto di materie da utilizzare nei propri processi produttivi, ovvero nella realizzazione di transazioni commerciali online, per la vendita dei beni e servizi. Le imprese, soprattutto quelle di grandi dimensioni, forti delle disponibilità economiche, hanno quindi cercato di implementare le prime forme di e-commerce, sfruttando le informazioni acquisite sulla proprie imprese clienti per le strategie di marketing diretto.
La terza ed "ultima" fase, prevede invece un’attivazione fattiva e progressiva, delle piccole e medie imprese nell’integrazione del proprio sistema informativo in una prospettiva di e-business vero e proprio dove, la varie attività della catena del valore, vengono integrate e condivise in rete con i propri partner commerciali, in un ambiente unico e sicuro, dove poter gestire online tutti i processi aziendali. L’evoluzione di detta fase prevede uno sviluppo dell’innovazione tecnologica e strategica dell’azienda nell’ambito di tutte le attività aziendali visto, che le stesse imprese, cominciano pian piano a comprendere come la virtualizzazione della propria catena del valore, in ottica di impresa estesa ed integrata con i vari partner, permette un’innovazione di processo e di prodotto, quindi un nuovo percorso strategico da portare avanti nel medio-lungo termine per l’ottenimento di indiscutibili vantaggi economici e competitivi, anche in ambito internazionale.
Tale terzo passaggio quindi, permette all’imprese, di apprendere ed utilizzare le effettive necessità e profili comportamentali dei propri clienti, così da arrivare sia ad una produzione mirata e sicuramente più efficace, potendo sfruttare al massimo le logiche del build-to-order (la personalizzazione dell’offerta), sia ad una produzione più efficiente visto che, con lo sfruttamento dei nuovi canali di approvvigionamento (marketplace o comunità commerciali), possono stringere nuovi rapporti di collaborazione, ottenendo riduzioni nei costi relativi alle forniture, riduzioni dei tempi di evasione degli ordini ed una riduzione dei costi associati a tutte quelle attività che, non essendo core, possono essere affidate in outsourcing.
I fattori distintivi e costitutivi di un marketplace verticale o comunità virtuale, possono essere individuati nelle "3 C¹" , ossia i servizi che devono essere erogati a favore dei partecipanti, atti a soddisfare ogni esigenza aziendale:

Una prima dimensione che permette di esplorare il fenomeno della comunità virtuale, è rappresentata dal servizio di gestione delle transazioni commerciali delle imprese ad essa associate, tramite diverse possibilità di organizzazione degli scambi, a seconda della natura del bene oggetto dello scambio (beni strategici, beni produttivi non strategici ma destinati pur sempre ad entrare nel ciclo produttivo, ovvero beni operativi da utilizzare solamente come input produttivi indiretti, i cosiddetti MRO) e della tipologia d’acquisto (che potrebbe essere occasionale o continuativa nel tempo). Questi scambi, possono avvenire con il metodo dell’asta, dove il compito principale dell’intermediario risiede nell’assicurare l’esistenza delle parti, la qualità della merce ed il regolare svolgimento dell’asta stessa.
Il modello di contrattazione tramite l’asta² , viene privilegiato soprattutto negli acquisti speculativi di materie prime (ad esempio l’acciaio) e per i beni cosiddetti commodity, tramite piattaforme che permettono la formazione dinamica del prezzo, online ed in tempo reale;
con il metodo dello scambio, o baratto digitale, le parti hanno la possibilità di visualizzare e confrontare le varie offerte di acquisto e/o vendita, così da scegliere, o meno, la conclusione dell’affare, sulla base dei prezzi formatisi o delle quantità disponibili;
tramite i cataloghi che, differentemente dalle modalità precedenti di tipo dinamico, raccolgono le offerte dei vari fornitori redatte mantenendo i prezzi fissi per un determinato periodo di tempo. La comunità, aggregando le diverse offerte e suddividendole per prodotti, riesce ad assicurare alle imprese una facilità di ricerca, selezione ed acquisto dei prodotti di cui abbisognano. Questa tipologia di gestione della transazione commerciale, si addice soprattutto per gli acquisti compiuti in modo continuato nel tempo, anche se ciò non esclude la possibilità per l’infomediario, di privilegiare, anche in questo caso, sistemi di dynamic pricing.
Affinché l’infomediario riesca a garantirsi una massa critica di partecipanti agli scambi, deve offrire tutta una serie di servizi a valore aggiunto, come gestire completamente il sistema degli ordini, provvedere ad una integrazione dei sistemi gestionali delle imprese partecipanti, garantire alle controparti la sicurezza degli scambi, gestire ed assicurare i flussi logistici, effettuare una certificazione delle merci, assicurare servizi finanziari, ecc³ .
A tal riguardo, è importante sottolineare come l’intermediario possa anche concludere partnership con imprese terze, che offrano tali servizi non strettamente connessi con lo specifico settore in cui opera, attivando così dei processi di outsourcing con altri operatori orizzontali.
Un ulteriore aspetto da non sottovalutare per le imprese buyers, è quello relativo alle possibilità di ottenere delle economie negli approvvigionamenti, in virtù degli acquisti compiuti tramite specifici consorzi digitali d’acquisto. Questo si potrebbe verificare ad esempio negli acquisti di energia elettrica. Con l’emanazione del decreto Bersani infatti, il Governo italiano ha dato avvio alla liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica, stabilendo inoltre determinate soglie minime di consumo energetico che permetterebbero l’ottenimento di risparmi di costo nell’approvvigionamento.
Ebbene, non potendo le piccole e medie imprese raggiungere tali soglie minime di consumo, una strategia che le stesse potrebbero studiare, oltre quella della costituzione di consorzi "reali", peraltro già prevista nello stesso decreto, è quella della costituzione di consorzi digitali tramite i quali raggiungere una maggior massa critica di imprese a tal fine interessate, così da ottenere risparmi per tali acquisti.
Molte imprese infatti, non appartenendo a tali consorzi, sono di fatto escluse dalla soglia minima e pertanto, trovare online nuovi partner, sfruttando la possibilità di un acquisto congiunto, rappresenta un’opportunità da non sottovalutare.
Il secondo elemento di differenziazione delle comunità virtuali commerciali rispetto alle altre tipologie di intermediari, è rappresentato dal contenuto dei servizi informativi specifici che vengono offerti alle imprese. Affinché il network digitale di imprese creato costituisca una vera e propria comunità, occorre che l’intermediario attivi luoghi di incontro, dialogo, dibattito ed approfondimento, così da offrire alle imprese un ambito di cooperazione ove studiare progetti, iniziative e strategie comuni. La predisposizione di tali contenuti, evidenzia il ruolo della comunità da intendere non solo quale broker informativo, ma anche come governo del processo di raccolta, selezione e diffusione di informazioni e dati ad altissimo valore aggiunto, utili per i membri e di stimolo per i nuovi partecipanti.
L’offerta di tale servizio, è infatti fondamentale per creare massa critica di imprese clienti (si spera inoltre che le stesse imprese, si trasformino da semplice utenza occasionale in impresa effettivamente partecipante). L’impresa quindi, ottiene notevoli vantaggi, riuscendo di fatto ad acquisire molte informazioni relative sia all’ambiente specifico in cui opera, che in relazione ai prodotti atti a soddisfare le proprie esigenze e questo, ancor più, quando le suddette informazioni sono state preventivamente selezionate, catalogate e certificate da un operatore qualificato.
La comunità, attiva inoltre delle news di settore riferite non solo ai prodotti, ma anche, ad esempio, alle informazioni e comunicati stampa emessi dalle aziende stesse, così da permettere a tutte le altre imprese, interessate a forme di partnership, di essere continuamente aggiornate sull’evoluzione delle attività che possono offrire nuovi vantaggi al proprio business.
Nello spazio riservato alle news, vengono inoltre somministrate alle imprese, informazioni relative ad esempio alle possibilità di ottenere finanziamenti agevolati per progetti specifici, le principali normative fiscali e legali dei diversi Paesi in cui possono andare ad operare e servizi di traduzioni online. Sono inoltre previsti, abbonamenti a riviste di settore specializzate, informazioni sulla possibilità di partecipare e/o prenotare un proprio spazio pubblicitario nelle fiere che periodicamente vengono organizzate e la disponibilità online, tramite videoconferenza, di convegni e seminari, così da permettere ai manager di imprese distanti geograficamente, di poter seguire virtualmente i lavori stessi.
Tale servizio, offre quindi una sorta di formazione professionale atta ad accrescere gli skill aziendali e garantire, in definitiva, una migliore e più completa comprensione della nuova visione strategica della mission aziendale. Questo servizio, viene ad esempio assicurato da Steelscren.com, un marketplace verticale che opera nel settore dell’acciaio, il quale fornisce in tempo reale tutta una serie di informazioni circa l’andamento dei prezzi di tali prodotti, una scheda con le loro caratteristiche tecniche ed anche l’andamento del loro mercato.
L’impresa, trova nell’infomediario un partner di fiducia, un punto di riferimento del quale non saprà più fare a meno, visti i notevoli vantaggi di tempo e costo risparmiati nella ricerca e valutazione dei fornitori, partner e merci e/o servizi di cui abbisogna.
L’infomediario però, per assicurare un elevato livello del proprio servizio di content, deve costantemente aggiornare le informazioni presenti nel sito, valorizzando quanto più possibile, in termini costruttivi, gli scambi di vedute che potrebbero nascere tra i vari partecipanti negli spazi appositamente creati. Perché una comunità sia effettivamente tale, occorre, in definitiva, un coinvolgimento pieno degli utenti che presentino esigenze specifiche e complementari, alimentate non solo nei forum e negli spazi di discussione di tipo virtuale, ma anche in occasione di seminari e fiere dove le imprese possano ritrovarsi per discutere face to face dei risultati ottenuti dal partecipare alla comunità stessa, creando quell’effetto network, utile a coinvolgere nuove imprese nel progetto di collaborazione online.
Il terzo fattore critico per il successo della comunità ed il vantaggio dei partecipanti, è la capacità dell’infomediario di creare intorno alla propria iniziativa di intermediazione, una pluralità di attori che sia la più ampia possibile.
Il raggiungimento di tale massa critica di imprese clienti, avviene tramite diversi step, dove un primo livello è costituito dall’acquisizione del maggior numero possibile di imprese partecipanti, il successivo è la trasformazione delle stesse in attori disposti ad una piena condivisione di informazioni ad alto valore aggiunto, fino alla creazione di un circolo virtuoso, dove altre imprese possano essere attratte dalla presenza di un numero consistente di fornitori o imprese acquirenti qualificate, che sappiano offrire vantaggi competitivi da tale scambio di conoscenza.
I partecipanti al forum infatti, hanno la possibilità, ad esempio, di ottenere informazioni sulle esperienze vissute dalle altre imprese nell’utilizzo di determinati prodotti, ovvero nella conclusione di accordi di collaborazione, così da poter essere guidate e consigliate nella scelta di partner o di prodotti specifici.
I commenti rilasciati dalle imprese utilizzatrici negli spazi di discussione, costituiscono una fonte economica molto importante per le aziende fornitrici in quanto, in virtù degli stessi (il cosiddetto feed back), possono in real time approntare dei correttivi alla propria produzione e quindi, considerare tale spazio, quasi come un’area test da cui ottenere linee giuda essenziali per lo sviluppo delle future produzioni.
Il servizio di community, rappresenta quindi il vero e proprio spazio virtuale dedicato al confronto ed alla discussione collettiva tra imprese partecipanti. Tramite la comunità, le imprese di più piccole dimensioni, possono così ottenere un proprio spazio di visibilità, il cosiddetto account, tramite la creazione di una propria pagina web all’interno della comunità stessa. L’impresa cliente, ottiene dall’intermediario, indicazioni utili per la descrizione dell’attività svolta, per i contenuti di comunicazione e di reverse marketing, così da creare politiche di marketing basate su considerazioni e giudizi espressi dalle altre imprese-clienti della comunità.
In tal modo, si concretizzano messaggi veri e propri di marketing diretto, aspetto critico questo per tutte quelle piccole imprese che, come visto nei precedenti paragrafi, non disponendo di budget idonei, non potrebbero perseguire operazioni pubblicitarie utili ad incrementare la propria visibilità. Tramite i database dell’intermediario infatti, le aziende operanti in un settore economico specifico, possono facilmente entrare in contatto fra loro, sino ad attivare transazioni in un ambiente del tutto sicuro, sia sotto un punto di vista legato alla sicurezza delle transazioni, sia sotto un punto di vista legato alla serietà e professionalità degli operatori, in virtù di quell’attività di reporting attivata dalla comunità.
Con gli spazi dedicati alla discussione quindi, le imprese possono consolidare la conoscenza reciproca, incrementare lo scambio di detta conoscenza e sviluppare le premesse per una loro fattiva collaborazione. Un’impresa, potrebbe ad esempio lanciare in rete un’ipotesi di progetto di un nuovo prodotto o processo e trovare poi altre imprese che, interessate all’iniziativa, aderiscano allo stesso.
L’attività di profiling, è quindi finalizzata alla creazione di un database utile per la comprensione dei comportamenti d’acquisto e di consumo delle diverse imprese, così da permettere ad ognuna di esse, di raccogliere informazioni sui possibili bisogni che possono andare a soddisfare, ricreando le condizioni ottimali per favorire relazioni e collaborazioni online più idonee (si accresce così il livello di customer satisfaction).
Questa, è in definitiva, la replica online del contesto di funzionamento di un distretto produttivo, dove però l’elemento di aggregazione, non è più determinato esclusivamente da un territorio o da una cultura comune, ma dal fatto di appartenere al medesimo ambiente sociale ed economico e dove le stesse imprese presentano esigenze ed aspettative comuni, a prescindere quindi dal contesto fisico e dai linguaggi di riferimento.
In tal modo, anche le tanto blasonate economie di aggregazione, tra le principali fonti di vantaggi competitivi del distretto, determinate dalla concentrazione delle imprese in un luogo fisico limitato, possono così essere ugualmente ottenute dalle aziende partecipanti alla comunità la quale, si adopererà anche per la formazione di un mercato del lavoro specifico per il settore di riferimento, realizzando col tempo anche delle infrastrutture digitali dedicate. All’interno di dette comunità, si vengono infatti a creare le premesse per la costruzione di spazi appositamente dedicati alla formazione professionale del personale aziendale.
Nelle imprese tradizionali, solitamente, la formazione e riqualificazione del personale, viene effettuata all’esterno del luogo di lavoro e non sul "campo". In questo contesto però, la formazione professionale, non sempre risulta efficace in quanto viene ad essere separato il momento cognitivo da quello operativo e dove, il passaggio dalla formazione teorica alla sua applicazione pratica, non sempre garantisce i risultati sperati. Nell’economia attuale, le piccole e medie imprese, per risultare competitive, come abbiamo già avuto modo di rilevare, sono necessariamente portate a perseguire una continua riduzione del proprio time to market e, quindi, investire ingenti risorse in processi di continua innovazione.
Ebbene, tramite le comunità verticali, le imprese possono garantire a tutto il personale aziendale una partecipazione attiva a questi processi di apprendimento dove, le nuove competenze potranno da subito essere applicate al contesto reale, essendo qui il processo cognitivo collegato direttamente a quello operativo, senza soluzione di discontinuità fra mondo del lavoro e quello di formazione. Si crea quindi una vera e propria sovrapposizione di attività formativa ed operativa, dove i lavoratori divengono, essi stessi, soggetti pro-attivi del proprio apprendimento. Questo, non farà altro che incrementare le possibilità di partenariato fra diverse entità economiche sulla base di una nuova e migliore condivisione di cultura e linguaggi condivisi in tali spazi di cooperazione economica digitale innovativa.
Una strategia a tal fine molto importante, che le comunità verticali possono e devono perseguire, è rappresentata dalla conclusione di partenariati con fornitori di innovazioni, come Enti di ricerca di settore ed Università, con cui sviluppare nuovi processi di Ricerca e Sviluppo, assicurando così informazioni alle imprese partecipanti, che non avrebbero avuto modo di ottenere se le ricerche fossero state condotte autonomamente, se non a costi proibitivi.

Secondo la National Science Foundation, l’attività di ricerca e sviluppo, può infatti essere classificata in:
Il problema fondamentale che quindi grava sulle imprese circa i propri investimenti in Ricerca e Sviluppo, è determinato dalla limitata disponibilità di risorse economiche da investite in tale attività, tenuto conto dei rischi che le stesse corrono, nel momento in cui dall’attività di ricerca, non si ottengono risultati applicabili commercialmente. Il più delle imprese infatti, tende a stanziare per la ricerca e sviluppo, risorse economiche calcolate in misura percentuale sul fatturato annuo, così da raggiungere al massimo, una replica dei risultati ottenuti dai precedenti sforzi, senza quindi riuscire ad ottenere un nuovo vantaggio competitivo.
Ebbene, grazie al partenariato digitale, le aziende potranno replicare online il concetto di spin off al quale affidare congiuntamente molte più risorse da destinare a tale attività di marketing e godere poi, di tutti i vantaggi derivanti dallo sfruttamento immediato delle nuove conoscenze, in virtù delle loro caratteristiche di versatilità.
Da un recente lavoro di analisi dei distretti industriali italiani, condotto nel marzo 2001 dalla FEDERCOMIN, RUR e CENSIS4 , emerge però che a livello italiano, anche laddove siano forti i legami commerciali tra imprese, essendo gli stessi basati su un sistema di accordi strutturati in modo tale da portare le stesse aziende a sviluppare strategie unitarie, non risultano in crescita le loro relazioni sviluppate su base tecnologica.
L’impedimento principale che limita di fatto le relazioni basate sull’uso della nuova tecnologia e che quindi ostacola la digitalizzazione dei meccanismi di funzionamento e collaborazione dei distretti industriali, è data dalla vischiosità tipica della mentalità imprenditoriale italiana, ossia la difficoltà di condividere le proprie informazioni con la concorrenza. Questo perché la condivisione delle informazioni, tramite i nuovi intermediari, potrebbe, di fatto, stravolgere il normale rapporto competitivo che si è creato nel distretto, così da sottrarre vantaggi competitivi a quelle aziende che in tale situazione non potrebbero più mantenere elevata la propria autonomia gestionale in quanto indotta dal nuovo intermediario o, peggio, da nuovi forti concorrenti che entrando a far parte del distretto digitale, imponendo cambiamenti organizzativi.
A tal riguardo però le imprese, potrebbero iniziare il proprio cammino verso le nuove tecnologie, creando ad esempio delle unità aziendali specializzate su singole fasi di lavorazione e collaborazione online, così da valutarne i risultati ottenuti e la fattibilità economica ed organizzativa e, in presenza di risultati positivi, sviluppare progressivamente online anche tutte le altre attività di core business.
Tali difficoltà quindi, fanno si che i sistemi imprenditoriali italiani, stentino ad implementare progetti per una collaborazione produttiva comune, fondata sull’uso della rete e delle tecnologie in grado di coinvolgere una massa critica di imprese locali.
I nuovi intermediari hanno quindi la possibilità di assumere un ruolo importantissimo, ossia proporsi come artefici dei modelli di sviluppo di mercati o distretti digitali, tramite la realizzazione di piattaforme tecnologiche che siano in grado di attrarre tutte le aziende facenti parte del distretto, in un nuovo polo di aggregazione virtuale. Occorre però fare molta attenzione a quello che è accaduto in Italia con le prime iniziative di marketplace in quanto, molti progetti di adesione aziendale ai Marketplace, si basano solo su accordi che intercorrono tra questi operatori e le associazioni di categoria dove, molto spesso, le aziende o sono del tutto ignare dell’esistenza dell’accordo, o dove all’adesione non corrisponde poi un’effettiva e stabile partecipazione dell’azienda stessa (fatto questo documentato in prima persona, a seguito di colloqui con alcune aziende della provincia di Latina le quali, pur essendo presenti nell’elenco delle imprese partecipanti ad un marketplace, non erano poi a conoscenza dell’esistenza di una simile organizzazione digitale). La possibilità di scambiare informazioni a basso costo e di gestire in modo integrato i dati aziendali tramite questi nuovi intermediari, basati quindi non solo sullo "scambio" di informazioni ma soprattutto sulla comunicazione della conoscenza, ha permesso alle imprese che hanno saputo sfruttare la reintermediazione, entrando così in un nodo di imprese specializzate in funzioni particolari, di focalizzarsi ognuna sulla propria core competence, esternalizzando quelle attività non strategiche che di fatto possono essere meglio soddisfatte dalle altre aziende facenti parte del network le quali andranno ad offrire la loro attività a costi effettivamente convenienti. La difficoltà di realizzare compiuti modelli relazionali fondati sullo scambio e condivisione di dati ed informazioni tramite le nuove tecnologie, non ha però impedito la nascita delle prime iniziative di siti interaziendali destinati ad esempio alla realizzazione di un lavoro comune ovvero di promozione dell’area di un distretto in un’ottica di apertura del network verso l’esterno, così da ridefinire i processi di scambio ed i rapporti commerciali con nuove imprese fornitrici ed acquirenti, appartenenti ad esempio, alla medesima filiera produttiva.
Un servizio fondamentale che i distretti digitali devono assicurare alle proprie imprese, è l’outsourcing per le attività aziendali non core. Con lo sviluppo dei distretti digitali infatti, le imprese che collaborano tra loro, possono essere localizzate anche a distanze geografiche rilevanti ed inoltre, con lo sviluppo dell’internazionalizzazione permessa appunto dalla comunità, si pongono problemi legati soprattutto alla logistica. Questo è sicuramente il caso dove il ricorso a forme evolute di outsourcing, incrementa ulteriormente il grado di collaborazione interaziendale.
La logistica tradizionale, si è sempre preoccupata di gestire il flusso delle merci e la loro distribuzione fisica tramite diversi mezzi di trasporto, con un servizio spesso assegnato a specifici operatori, per un periodo contrattualmente definito. Tali operatori quindi, hanno avuto delega a gestire operativamente, una o più attività logistiche di tutte quelle imprese prive di una propria rete distributiva, come il trasporto vero e proprio delle merci, lo stoccaggio delle stesse all’interno dei magazzini, i controlli qualitativi, le operazioni amministrative necessarie alla documentazione della loro movimentazione, ecc.
Aspetto poi da sottolineare, risiede nel fatto che tale attività è stata da sempre considerata come un qualcosa di separato dalle altre funzioni aziendali svolte all’interno dell’impresa. Ebbene, con la nascita delle comunità, vengono offerti i servizi logistici con modalità più evolute di outsourcing, considerando anche la logistica quale parte integrante e soprattutto ottimizzante dell’intera supply chain di ogni azienda, così da innalzare il livello di integrazione tra i diversi partner commerciali.
Tramite il flusso informativo che precede ed accompagna quello della movimentazione delle merci, a partire dall’ordine del prodotto sino al pagamento e, quindi, dal punto di origine a quello di destinazione, le comunità possono organizzare la gestione di tutto il processo logistico, studiando nuove soluzioni atte ad offrire servizi ad alto valore aggiunto e quindi offrire alle aziende partecipanti, nuovi vantaggi competitivi.
Il ruolo della comunità, è quello di sviluppare al massimo, il coinvolgimento tra impresa logistica ed impresa committente, studiando quelle che risultino essere le soluzioni migliori in linea con le esigenze e caratteristiche specifiche di ogni azienda partecipante.
Il passaggio da outsourcing logistico tradizionale a quelle evoluto, permesso dall’intermediario, si sostanzia nell’ottimizzazione del processo logistico nell’ambito di ogni specifica supply chain aziendale e quindi nell’offrire un servizio che permetta all’azienda fornitrice di logistica, di andare oltre la semplice evasione della consegna della merce. Con tale servizio, la comunità virtuale, permette anche alle imprese di più piccole dimensioni, di soddisfare al meglio le esigenze e le aspettative della propria clientela. Permette inoltre una sostanziale riduzione dei costi associati alla presenza di uno o più magazzini, i costi amministrativi per l’esistenza di un sistema informativo degli ordini, i costi di ricerca delle migliori soluzioni di spedizione (tipo imballaggi da utilizzare o le norme da rispettare per spedizioni effettuate in Paesi che hanno normative diverse da quella italiana) e quindi tutti quei costi connessi all’esistenza di personale addetto a presiedere le funzioni coinvolte nel processo di movimentazione delle merci sia nell’approvvigionamento che nel processo di vendita e distribuzione dei prodotti. Si assiste così, ad una crescente "verticalizzazione" delle prime iniziative di intermediazione nate come orizzontali e, dove le relative motivazioni, vanno ricercate nelle funzioni che la comunità deve andare ad offrire. I nuovi operatori di BTB infatti, cercano di offrire una funzione di tipo infra-strutturale, mettendo a disposizione dei propri partecipanti, strumenti e procedure specificamente progettati in maniera specifica per il loro settore o mercato di appartenenza, permettendo loro di operare online, tramite una creazione e condivisione di nuova conoscenza che risulterebbe conseguibile solo tramite una profonda e perfetta esperienza sul "campo". L’elemento che quindi contraddistingue le comunità virtuali dalle altre tipologie di cybermediari è data proprio dalla creazione di spazi virtuali ove le imprese possono tra loro interagire e questo, sia per poter realizzare scambi commerciali efficienti o per attivare nuove relazioni di partnership, sia per poter scambiare e condividere nuove conoscenze dando così la possibilità a tutti i partecipanti, di avere accesso ad informazioni e competenze specifiche segmentate, ossia già selezionate per il settore economico di appartenenza.

 


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